La delicata tessitura della tela della diplomazia, sia pure lenta e laboriosa, per inviare le armi che servono all’Ucraina in questa fase cruciale, è conclusa. Di fatto si articola su tre punti e risponde alla necessità di Kiev di schierare carri armati realmente efficienti e numerosi: la Germania si appresta a risponde positivamente, in queste ore, alla richiesta della Polonia di autorizzare l’invio dei tank Leopard 2 all’Ucraina (senza il sì di Berlino, Varsavia ha le mani legate perché sono carri armati di produzione tedesca vincolati); la Germania discuterà oggi in Parlamento l’ipotesi di fornire direttamente dei Leopard 2, ma secondo Der Spiegel la decisione è già stata presa: il cancelliere tedesco Olaf Scholz, dopo giorni di indecisioni, darà il via libera per l’invio di «almeno una compagnia di tank» a Kiev; per comprendere le ragioni di questa svolta, bisogna soffermarsi sul terzo punto: dopo uno scambio di telefonate con il cancelliere tedesco, Joe Biden ha accettato di mandare all’Ucraina un’altra tipologia di tank, gli Abramas M-1. Berlino aveva detto in più occasioni (anche se formalmente questo scenario era stato smentito): diremo sì ai Leopard 2 se anche gli Stati Uniti acconsentiranno a impegnarsi con l’invio degli Abrams M-1.
Equilibrio
L’obiettivo di Scholz è coinvolgere con un impegno ancora più evidente gli Usa, perché con la spedizione dei Leopard 2 la Germania teme di guadagnare il ruolo di guida della coalizione contro Mosca, elemento che non piace a Berlino.
Rimpasto
Zelensky, che fu eletto come paladino della lotta alla corruzione in un Paese in cui questa piaga è molto invasiva, ha dovuto anche procedere a una epurazione di molti uomini chiave, a causa di alcune inchieste, ma anche di semplici voci, su tangenti e abusi. Il presidente ucraino non può permettersi di chiedere miliardi di aiuti all’Occidente e sacrifici immani al suo popolo e al contempo tollerare casi di presunta corruzione e di sprechi. Nel fine settimana era stato destituito il viceministro delle Infrastrutture, Vasyl Lozynsky, accusato di avere intascato tangenti; via anche il viceministro della Difesa, Vyacheslav Shapovalov, dopo una serie di articoli dei media ucraini sull’acquisto di pasti per l’esercito a prezzi gonfiati. Sono stati allontanati, in totale, quattro viceministri e cinque governatori. E si è dimesso anche Kyrylo Tymoshenko, vice capo staff dello staff di Zelensky, citato dall’inchiesta giornalistica di un sito web perché avrebbe usato per viaggi privati uno dei 50 Suv inviati dalla General Motors. Ancora: via il vice capo del partito di Zelensky, Pavlo Halimon, e il sostituto procuratore generale Oleksiy Simonenko, criticato per una vacanza in Spagna in dicembre. Presto però il rimpasto potrebbe coinvolgere anche diversi ministri.