Totò, il brand della discordia: «È un patrimonio di tutti»

Ma gli artisti fanno quadrato: «Non è corretto che il nome di un uomo di spettacolo venga utilizzato in pubblicità per la qualunque»

La mostra su Totò nel cortile delle carrozze al Palazzo Reale di Napoli
La mostra su Totò nel cortile delle carrozze al Palazzo Reale di Napoli
di Giuliana Covella
Giovedì 25 Aprile 2024, 09:00 - Ultimo agg. 26 Aprile, 08:31
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Brand sì, brand no. La diatriba è di quelle forti e attualissima. Dopo la notizia pubblicata da Il Mattino sulla decisione degli eredi di Totò che, in seguito a un'ingiunzione del Tribunale di Torino secondo cui i familiari possono bloccare l'utilizzo clandestino del nome, è arrivata l'ufficialità: Totò diventa un marchio registrato che impone a locali, ristoranti e pizzerie di fare dietrofront e cancellare da insegne, menu e quant'altro immagini, citazioni e poesie dell'artista. Ma cosa ne pensano i personaggi del mondo dello spettacolo, gli intellettuali e gli esperti di marketing? Parere comune a tutti è che Totò sia l'emblema dell'identità di Napoli e della sua arte. Ma sulla nascita del brand non tutti la pensano allo stesso modo. «Siamo sicuri che lui avrebbe voluto mettere sotto chiave la sua produzione culturale?», si chiede lo scrittore Maurizio de Giovanni, che aggiunge: «Totò è un patrimonio culturale molto identitario. Mettere sotto chiave i suoi meme, le citazioni, i film è gravemente limitativo dell'espressione della nostra identità. Ovvio che ci sia un discorso commerciale, ma dire a un pizzaiolo di non usare l'immagine di Totò mi sembra una sciocchezza. Significa non farlo arrivare alle nuove generazioni, che già non guardano i film antecedenti agli anni '90, non vanno a teatro e non conoscono A livella». 

Le voci 

Totò sui murales della città in cui è nato, ma anche nel resto d'Italia. Totò che ispira dolci, pizze e piatti da un capo all'altro dello Stivale. Totò che diventa l'insegna di ristoranti, trattorie e pizzerie in ogni dove. Situazioni in cui è lecito ipotizzare un utilizzo improprio dell'immagine dell'attore, spesso a puri fini speculativi. Da qui la decisione della famiglia del principe de Curtis di tutelare quel nome. «Sono contenta che Totò diventi un marchio - dice senza mezzi termini Marisa Laurito, direttore artistico del Teatro Trianon Viviani - perché lo vedevo dappertutto.

Non è corretto che il nome di un uomo di spettacolo e, in questo caso, di tale livello, venga utilizzato in pubblicità per la qualunque».

Per lo scultore Lello Esposito «esistono i diritti d'autore e quindi la famiglia ne ha la responsabilità, tanto più di un uomo straordinario qual è stato lui. Ma vale per ogni forma d'arte». Per l'artista «l'atteggiamento dei familiari serve a moderare l'utilizzo eccessivo di un'immagine che ha raccontato un'epoca e una città e che va tutelata da speculazioni commerciali». 

A sostegno della famiglia de Curtis anche Gaetano Liguori, direttore artistico del Teatro Totò, storica sala nei vicoli a ridosso di via Foria: «Premesso che la vicenda riguarda attività diverse dalla nostra, noi ricordiamo Totò da trent'anni. Fummo autorizzati da Liliana, che venne all'inaugurazione e, in occasione dei vent'anni di attività, la figlia Elena. La loro è una giusta posizione, perché il nome di Totò va abbinato ad attività di alto spessore, non a cotolette e hamburger. La famiglia ha fatto bene - insiste Liguori - a mettere un freno a queste iniziative. Tanto per ricordare invece lo spirito di progetti nel nome di Totò, da trent'anni abbiamo un'accademia teatrale in un quartiere difficile che è un vero avamposto di cultura e legalità, dove recuperiamo tantissimi ragazzi sulle tavole del palcoscenico».

 

L'icona 

Un parere tecnico è invece quello di Raffaele Cercola, docente di Marketing all'Università Vanvitelli: «Ciò che hanno fatto i familiari è correttissimo, perché non stiamo parlando di un artista qualunque. Totò è un modus vivendi. Possiamo fare un paragone con Sofia Loren che assieme ai figli ha chiuso un accordo con Yamamay, un caso in cui si tratta di un'icona ancora in vita che ha accettato di farne un brand. Ecco, anche se Totò è un brand iconico, non va sfruttato ma utilizzato e valorizzato nel modo giusto. Oggi non è così: viene usato in tutte le salse. Corretta quindi l'idea che venga tutelato e controllato. Lo stesso vale per Eduardo De Filippo e Massimo Troisi». 

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Per l'attore Benedetto Casillo «premesso che bisognerebbe conoscere meglio la sentenza, riguardo le attività strettamente commerciali forse non c'è nulla di male che si debbano pagare i diritti agli eredi. Più in generale la pubblicità sui cartoni delle pizze, con immagini o frasi di Totò potrebbe essere assoggettata a una quota di diritto, di cui una parte potrebbe andare in beneficenza a chi vive nei vicoli e ai cani che lui tanto amava. Totò resta il principe di tutti e noi siamo i suoi sudditi». 

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