Dj Miky BeBionic oltre le barriere:
«In consolle anche senza mano»

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Oltre i limiti fisici, oltre le barriere. Il coraggio di non arrendersi mai e di andare sempre avanti, sfidando il proprio destino.  È una storia straordinaria, in cui si intrecciano forza, sentimenti, musica e vita quella di Michele Specchiale, in arte “Dj Miky BeBionic”, unico dj al mondo con un arto bionico. Per suonare, infatti, usa un solo braccio, perché l’altro lo ha perso in un incidente. “Si può! Ci vuole impegno e passione alla vita. Con la volontà si riesce a fare tutto”, racconta il dj che, dalla Sicilia, ha deciso di trasferirsi nel Vallo di Diano, in provincia di Salerno, per amore della sua Daniela, conosciuta proprio al centro protesi. “A volte sembra la fine della strada, ma spesso è solo una curva sul tuo cammino. Non mollare mai”, scrive sui social. Un messaggio di speranza, a non lasciarsi sopraffare dal dolore della tragedia, ma a lanciarsi nella vita fino in fondo, vivendola al massimo, senza sentirsi limitati. Una battaglia, la sua, compiuta anche attraverso il suo canale YouTube per incoraggiare chi si sente sconfitto e sensibilizzare al rispetto dei diritti civili e umani, contro gli stereotipi e la visione ristretta della disabilità. E poi, il sogno nel cassetto di incontrare il suo idolo, il dj internazionale e producer Gabry Ponte: “È un desiderio troppo grande. Lo seguo da anni. Conoscerlo mi farebbe troppo felice”, racconta sorridente. Per suonare usa una protesi “bebionica” al alta tecnologia robotica, interamente tatuata, che permette di muovere tutte le dita indipendentemente e di afferrare oggetti grazie ad impulsi emanati dal corpo e catturati da elettrodi che, tramite una centralina, inviano il comando alla mano. “Non è semplice controllare un arto bionico. Ci vuole molta pazienza, ma si possono prendere bicchieri o anche il mouse per il pc. Inoltre è molto leggera rispetto alle vecchie protesi”. Sempre con sé il kit che contiene la mano che fa da guanto per camuffare la protesi e le pinze, che gli permettono di svolgere il lavoro altamente specializzato di programmatore di macchine a controllo numerico, in qualità di responsabile di tutto il processo industriale dal disegno, alla progettazione fino alla realizzazione. E poi  la passione per la musica, iniziata da bambino suonando il clarinetto nella banda del paese e poi la tromba subito dopo il dramma, perché è l’unico strumento che consente l’uso di una sola mano. Oggi ha una sala di registrazione con mixer e consolle all’avanguardia e da poco si è aperto anche alla produzione house. “Grazie alle protesi ad alta tecnologia, la vita del disabile acquista nuovo valore – insiste Michele – Non nascondo il mio problema, non lo definisco neanche handicap. L’ho accettato, superato e aiuto gli altri a fare lo stesso. Sono stato male solo la prima settimana, poi ho reagito, impedendo agli altri di aiutarmi. La prima cosa che ho imparato è stata allacciare le scarpe. La vita va vissuta perché offre tante soddisfazioni. Anzi, probabilmente se fossi stato “normale” non avrei mai incontrato mia moglie. Il prossimo 20 settembre festeggeremo dieci anni di matrimonio”. Si illumina parlando di Daniela e del miracolo, così apparentemente impossibile e inimmaginabile, della nascita delle due bimbe, Giulia di sette anni e Martina di un anno e mezzo. “Un regalo straordinario, Daniela è stata coraggiosa nelle sue condizioni, con un doppia protesi, una sopra e l’altra sotto al ginocchio. Se c’è amore in un rapporto, si possono abbattere barriere e ostacoli”. Un legame nato proprio al Centro Protesi Vigorso di Budrio a Bologna. “In  un corridoio vidi spuntare lei, bionda, meravigliosa. Rimasi colpito dal suo fascino dolce, tenero. Era così rara. Era lì per le protesi alle gambe, che aveva perso in un incidente travolta da un’auto a 17 anni. Anche io avevo perso il braccio sinistro con una caduta accidentale su un giunto cardano di un trattore. Quell’amore sembrava impossibile però, lei a Salerno ed io a Catania. Così dopo il fidanzamento a distanza ci siamo sposati e viviamo di aiuto reciproco e di comprensione. Lei è autonoma in tutto, indipendente. Riesce a fare tutto. Braccio, mano, gambe non sono un problema per noi. A tutte le persone che non vivono la pace interiore, io dico di guardare me e mia moglie”. La vera battaglia, però, è al fianco dei diritti dei disabili: “Non occorre abbattere barriere architettoniche o ridurre ostacoli, ma incentivare una cultura del rispetto – incalza Michele – Non occupare i posti riservati ai disabili o impedire l’apertura delle portiere delle auto a chi è in carrozzina. Purtroppo è frequente, non solo nel Vallo di Diano, perché fa comodo. Io potrei usare il mio tesserino per portatori di handicap e parcheggiare, ma non lo faccio, perché io non ho un braccio, ma le gambe sono buone e funzionano”.
Barbara Landi