Napoli, la processione di san Gennaro termina col miracolo: «Questo sangue è un segno di salvezza»

Monsignor Battaglia: «Simbolo di speranza e fiducia ma non è un oracolo»

La processione
La processione
di Vincenzo Cimmino
Sabato 4 Maggio 2024, 22:27 - Ultimo agg. 5 Maggio, 06:59
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«È solido». Così ha esclamato l’abate Vincenzo De Gregorio alle 16:58. Aveva da poco aperto la cassaforte che conserva il sangue, quella posta dietro l’altare della cappella del Tesoro. Con lui erano il sindaco Manfredi, l’arcivescovo Battaglia, il parroco della Cattedrale Sommella e i membri della Deputazione, che da secoli custodiscono la reliquia. «È solido», ha detto, passando il reliquiario con le due ampolle a monsignor Battaglia. S’è fatto attendere “Faccia Gialla”, s’è fatto pregare. Ma alla fine san Gennaro ha fatto il suo miracolo.

Il celebre fazzoletto bianco è stato sventolato a Santa Chiara. Erano le 18:38. Ma già da prima, durante la processione che ha visto sfilare i copatroni di Napoli col busto e il sangue del santo, qualcuno affermava che il sangue si fosse già sciolto. Ma quanti sfilavano, nonostante la crescente curiosità della grandissima folla che scortava il corteo ad entrambi i suoi lati, non volevano lanciarsi in previsioni azzardate, in una ricognizione che non spettava loro. E così, subito dopo l’ingresso dei busti argentei dei tanti santi che con Gennaro proteggono la città, mentre monsignor Battaglia mostrava alla folla le ampolle prodigiose, mentre l’abate Vincenzo De Gregorio annunciava l’avvenuta liquefazione, il fazzoletto bianco sventolava.

«Non dimentichiamolo mai che questo sangue ‒ ha detto l’arcivescovo Battaglia durante l’omelia ‒ è il segno di un sogno di salvezza, di speranza, di fiducia, non è un oracolo da consultare ma una bussola da seguire perché sempre ben orientata a Cristo, origine e meta del nostro cammino, della nostra storia, della storia del mondo.

L’amore è il miracolo più grande del nostro Patrono, la solidarietà evangelica il vero tesoro che ci ha lasciato in dono, la sua capacità di abbandonare perfino la propria sicurezza per soccorrere il fratello prigioniero del male e del dolore è il suo prodigio più prezioso».

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Si è così ripetuto il “miracolo di maggio”, il primo dei tre prodigi che il santo patrono di Napoli compie ogni anno. Ed è stato accolto con commozione, con grida di gioia, con un lungo applauso fuori e dentro la basilica di santa Chiara. Degli altri appuntamenti col santo, quello di maggio non ha una data fissa, non si tiene nel Duomo. Ma parte dalla cappella del Tesoro. Dopo aver percorso via duomo e le altre strade del centro città, si ferma nella basilica. Questo per ricordare la traslazione del sangue dal cimitero posto nell’Agro Marciano fino alle Catacombe di Capodimonte, conosciute ai più anche come Catacombe di san Gennaro.

 

Se la data di maggio cambia ogni anno, perché è il primo sabato del mese, non cambiano quella di settembre e dicembre, rispettivamente il 19 e il 16. In prima fila, sempre, durante il momento di raccoglimento e preghiera che apre le celebrazioni, si trovano le “parenti di san Gennaro”. “Parenti” non per legami genealogici che intonano canti e litanie. E, se necessario, “maltrattano” rispettosamente “Faccia Gialla” per invogliarlo a compiere il miracolo. La non liquefazione del sangue, infatti, è simbolo di cattivo auspicio.

La processione di quest’anno ha visto, dopo 40 anni come confermato dal parroco della cattedrale don Vittorio Sommella, la riapertura per intero di tutto il portone. Durante il cammino era poi vigile l’occhio dei membri della Deputazione del Tesoro sulla Reliquia. «In questo importantissimo momento ‒ ha commentato il marchese Pierluigi Sanfelice di Bagnoli ‒ noi siamo qui non soltanto come fedele, ma anche e più come custodi del sangue. Un tesoro di questa città dal valore immenso. La mia famiglia è al servizio di san Gennaro da 500 anni, e con dedizione, come Deputazione, custodiamo il sangue». Alla processione erano presenti anche il sindaco Gaetano Manfredi e il prefetto di Napoli Michele Di Bari.

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